AltreMenti Educ(A)ttive
Siamo un collettivo di operatrici e operatori, educatrici ed educatori, infermiere e infermieri critici, individualità e sensibilità solidali, impegnato nel dibattito sull’antipsichiatria con la Rete NoPsichiatria, network che riunisce singole, singoli, realtà e associazioni che promuovono l’auto mutuo aiuto come metodologia di approccio alle relazioni umane, e con la Rete Oltre i Recinti, network che intende promuovere momenti di trasversalità e dibattito su relazioni umane, salute, comunità, e la condizione delle oppresse e degli oppressi in questa società.
L’intenzione è di fare rete e sostenere tutte quelle realtà e individualità che rifiutano la coercizione come possibilità e lottano contro la repressione e l’oggettivazione dei bisogni delle oppresse e degli oppressi in questa società.
Siamo in un percorso. Stiamo valutando risorse e energie e curando la nostra formazione, interrogandoci su come costruire un presidio di contro-informazione e solidarietà che possa avere un impatto reale sulla vita delle persone e sul territorio.
Vediamo come sia complesso portare fuori dalle istituzioni la nostra lotta e ci interroghiamo su come articolarla senza fare in modo che si configuri come l’ennesimo servizio, per farne una pratica di lotta che non replichi gli stessi meccanismi alienanti delle istituzioni da cui ci vogliamo emancipare.
Al momento non abbiamo uno spazio fisico su cui ruotare, la repressione in città ha fatto il deserto e stiamo lottando per avere spazi di agibilità dal basso, questo rallenta e frammenta molto la nostra ricerca e il nostro percorso. Vediamo come si faccia fatica ad incontrarsi, a portare avanti i discorsi, mentre il quotidiano incalza con la sua pressione economica, familiare, lavorativa.
Nell’ottica di unire lotte e percorsi contro la società del controllo e della repressione convergiamo in un percorso collettivo condiviso insieme al collettivo antipsichiatrico AltreMenti di Xm24, per unire le energie e portare avanti azioni e riflessioni comuni contro reparti, strutture, scuole, carceri, CPR, istituzioni totali normalizzate in cui si consuma la repressione di quantx vengono consideratx marginalx, non determinanti e performanti alle necessità della società della prestazione, della produzione e del capitale.
AZIONE ANTI-ISTITUZIONALE, ANTIPSICHIATRICA E SOCIALE
Ascoltiamo e forniamo un primo orientamento di supporto compatibilmente con le nostre disponibilità, partendo da ciò che sappiamo e da ciò che abbiamo vissuto come persone e come tecnici critici all’interno delle istituzioni (sanitarie, socio-sanitarie, educative o di disagio sociale) non pretendiamo di salvare nessunx, né di essere esaustivx, non condanniamo né incoraggiamo in nessun modo l’ uso di psicofarmaci, ma ci impegniamo nella libera ricerca di informazioni affidabili e non pregiudiziali nei percorsi di emancipazione e liberazione, in quanto incoraggiamo l’autoregolazione e la consapevolezza per prevenire i rischi, ridurre i danni e contenere gli abusi istituzionali.
DE-ISTITUZIONALIZZARE ANCORA LA SOCIETA’…
Viviamo in una realtà dove ormai il “benessere” (di alcuni) e il “progresso” (del sistema capitalistico) hanno consentito all’istituzionalizzazione di ogni aspetto della vita e fatto collassare tutti i legami sociali. Niente più nonni, niente più malati, niente più bambini. Ognuno nel suo recinto, ognuno nella sua gabbia. Di questa filosofia dell’esclusione non si vedono nemmeno i contorni, perché sono sfumati, ottimistici, funzionalistici. Nella società produttivo-capitalistica la norma è la salute, la giovinezza, la produzione. La sofferenza, il disagio, sono esclusi dalla vita. La malattia, la vecchiaia, l’infortunio, le fragilità, sono accidenti all’interno di una realtà che non vuole guardare se stessa e le proprie contraddizioni.
Parlare di istituzioni spersonalizzanti oggi significa tornare a parlare di quelle istituzioni in cui il distacco dalla vita esterna e il controllo normativo al loro interno producono nei soggetti che vi sono intrappolati una progressiva desocializzazione, disculturazione, fino al raggiungimento di uno stato di non-persona.
Qualcuno li ha chiamati “crimini di pace”…
Anacronistico oggi? Secondo noi no, più attuale che mai.
In troppi recinti istituzionali abbandono, norme assurde, negazione, coercizione e oggettivazione la fanno ancora da padrona dietro la cortina di cartacce e “progetti” che non trovano nessuna applicazione sul piano della realtà, se non quella di fornire un racconto spendibile per le istituzioni in termini di immagine.
Nell’assenza di una comunità critica, nella povertà di risorse, prassi, cultura e “pensiero”, qualcuno finisce per legittimare aberrazioni. L’istituzione agisce a più piani: all’alienazione delle persone istituzionalizzate segue quella degli ’“operatori- operai”: operatori ricattati dal salario e dalla gabbia istituzionale senza nessuna reale libertà “operativa”, oppure allineati al pensiero dominante spersonalizzante che vede professionalità sempre più normative al servizio di istituzioni sempre più oggettivanti.
La vita delle istituzioni dice Goffman appare divisa in due livelli: il livello delle regole formalizzate, le procedure, e il livello sotterraneo, quel piano della vita istituzionale che non si traduce nei protocolli e che rimane un segreto. E’ in questo spazio che si inseriscono le peggiori aberrazioni e le migliori azioni, in quello strato che la gabbia istituzionale non può controllare.
Gli anni ’80 hanno “asfaltato” tutto quel proliferare di cultura-pensiero collettivo emerso negli anni ’60/’70. La repressione dei movimenti sociali ha visto così anche la fine del movimento anti-istituzionale e relegato tutto il sapere prodotto dall’epoca in una sfera “utopistica”.
Noi ci crediamo ancora.
Siamo convint* che oggi, dato il sentimento di lotta che sta attraversando molte coscienze, abbiamo la responsabilità di riprendere il discorso dov’era stato lasciato. Per questo motivo vorremmo partire da un percorso di autogestione “formativa” in cui condividere esperienze, lotte e ricerche collettive. Sarebbe meglio dire da un percorso di autogestione “de-formativa”, per de-condizionarci reciprocamente dall’autorità, dall’esercizio del potere, per sollecitare la cooperazione e la solidarietà tra sfruttati. Il sapere oggi non si diversifica più dai prodotti industriali, la sua riduzione a merce segue le leggi del mercato, per passare il filtro istituzionale- accademico deve essere fruibile all’economia di Stato, deve essere “spendibile” e perciò aproblematico, omologo al sistema. Il sapere che vogliamo portare ci mette in discussione fin dentro le budella. Il nostro sguardo è dichiaratamente libertario perché anti-autoritario, contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Rinneghiamo quella deriva che vuole “discorsi” privi di punti di vista, individuazione, posizionamento soggettivo, siamo per l’incontro tra soggettività e collettività, e apert* a chiunque si riconosca nei valori dell’antifascismo, dell’antisessismo e dell’antirazzismo.